Uno studio svizzero ha evidenziato come quattro farmaci, utilizzati da decenni nella profilassi antielmintica, siano diventati pericolosamente inefficaci a causa dei meccanimi di resistenza messi in atto dai vermi.
A condurre la ricerca pubblicata sul Bmj, Jennifer Keizer e il suo team dell’Istituto di malattie tropicali e sanità di Basilea, i quali hanno osservato che i quattro farmaci attualmente raccomandati contro gli elminti che si trasmettono, ad attraverso la terra – albendazolo, mebendazolo, levamisolo e pirantel pamoato – stanno perdendo la loro efficacia terapeutica.
La premessa
Più comuni tra i bambini che mettono le mani in bocca, magari mentre giocano nell’erba, non sono però immuni gli adulti: è sufficiente infatti mangiare un’insalata lavata male per andare incontro a un’infestazione da vermi, e per chi viaggia tanto in Paesi dove c’è carenza di igiene, il rischio aumenta. Circa 1,5 milioni di persone nel mondo vengono infettate dall’Ascaride lombricoide, dai vermi uncinati come Necator americanus e anchilostoma duodenale o Trichuris trichiura. Le infezioni da vermi uncinati sono più frequenti negli adulti, mentre le altre specie riguardano tipicamente i bambini in età pre-scolare o scolare. Albendazolo e mebendazolo sono i farmaci più utilizzati nei programmi profilattici sostenuti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per ridurre dell’1% entro il 2020 la prevalenza delle infezioni moderate o gravi trasmesse dai vermi del suolo ai bambini.
Lo studio
I ricercatori hanno valutato attraverso una revisione sistematica e una meta-analisi, l’efficacia di questi quattro farmaci antielmintici in termini di tassi di cura e tassi di riduzione delle infestazioni da uova. Dai risultati è emerso che tutte e quattro le molecole rimangono efficaci contro gli ascardi lombricoidi. Tuttavia, contro gli anchilostomi, l’albendazolo ha mostrato un percentuale di successo della cura del 79,5% e una percentuale di riduzione delle uova pari all’ 89,6%, entrambi superiori al placebo e agli altri antielmintici.
Le percentuali di successo della cura con gli altri farmaci erano del 10,3% per il levamisolo (non migliore del placebo), del 32,5% per il mebendazolo e del 49,8% per il pirantel pamoato (meglio del placebo). Le percentuali di successo dei trattamenti per T. trichiura erano solo del 30,7% con albendazolo e il 42,1% con mebendazolo, comunque meglio che placebo. Mentre levamisolo e pirantel pamoato non erano migliori del placebo. Quando gli studi su T. trichiura sono stati stratificati per anno di pubblicazione, è stata osservata una diminuzione delle percentuali di riuscita dei trattamenti con albendazolo dal 38,6% nel 1995 al 16,4% nel 2015, e nei tassi di riduzione delle uova dal 72,6% al 43,4% per albendazolo e dal 91,4% al 54,7% per mebendazolo.
I commenti
Secondo i ricercatori l’efficacia di questi farmaci è diminuita in modo allarmante nel tempo. In particolare, i due farmaci più usati nella profilassi, albendazolo e mebendazolo sono stati usati per oltre 50 anni e la minaccia di una resistenza è ormai un dato di fatto. “C’è una urgente necessità di rafforzare gli sforzi per sviluppare nuovi farmaci per i vermi trasmessi dal suolo – hanno scritto i ricercatori – in alternativa, si potrebbe pensare all’uso combinato di diverse molecole con diversi profili d’azione. In ogni caso, l’obiettivo finale che è quello di controllare le infestazioni trasmesse dal terreno, potrà essere raggiunto solo attraverso l’integrazione di diverse strategie: migliorare l’igiene, educare le persone, aumentare la ricerca per sviluppare nuovi farmaci e combinare più prodotti in profilassi”.
http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=54683