In Italia oltre 3.2 milioni di persone dichiarano di esserne affetti, ma stime attendibili, parlano di circa 5 milioni, con un costo per il SSN stimato di circa 9 miliardi l’anno e una spesa pro-capite più che doppia rispetto ad un pari età non malato, provocando inoltre ben 73 decessi al giorno 

Firenze, 15 ottobre 2019 – Prevenire precocemente la progressione della malattia diabete e le sue principali complicanze, progettare modelli di assistenza moderni e vicini alle persone con diabete, che utilizzino appropriatamente le innovazioni tecnologiche, rappresenta una sfida importante ed attuale per i Servizi Sanitari Regionali. Questi saranno alcuni dei temi, motivo di confronto tra decisori regionali e tecnici di riferimento del mondo salute, durante la Serie di 6 incontri regionali ‘HIGHWAY DIABETES: IL PAZIENTE AL CENTRO?’, Progetto realizzato da MOTORE SANITA’, con il contributo non condizionato di Lilly, che oggi fa tappa in Toscana.

In tema di gestione della cronicità, il diabete, rappresenta sicuramente un caso paradigmatico in cui, si rende necessario ammodernare il sistema assistenziale, migliorando l’efficienza dei percorsi di collegamento tra ospedale e territorio. Un aspetto importante da rivedere e monitorare è rappresentato dal rispetto dell’aderenza alle cure indicate. Infatti, secondo dati EFPIA solamente le complicanze dovute alla scarsa aderenza alla terapia rappresentano un costo pari al 14% del totale della spesa sanitaria dei Governi Europei, circa 125 miliardi di euro all’anno. Secondo il rapporto dell’osservatorio dei medicinali, In Italia, la percentuale di aderenza per i farmaci antidiabetici è del 63% (OSMed 2015) e questo comporta: il raddoppio nel numero di ricoveri ospedalieri e dei costi del trattamento per il SSN, un aumento ogni anno di circa 6 giorni di assenza dal lavoro ed infine un aumento del 30% della mortalità per tutte le cause (dati SID). Tra i fattori che impattano sull’aderenza terapeutica, un ruolo importante potrebbero avere le differenze regionali nella efficienza dei servizi di presa in carico delle persone con diabete e nell’accesso all’innovazione. In questi ultimi 10 anni infatti, le numerose innovazioni su farmaci ed apparecchiature, hanno fornito strumenti in grado di cambiare l’evoluzione della malattia, restituendo alle persone con diabete una qualità di vita decisamente superiore. Ma tutto ciò potrà arrivare a tutte le persone con diabete solamente se l’innovazione avrà un accesso uniforme ed una collocazione appropriata e sostenibile. “Negli ultimi anni la cura del diabete ha avuto un elevato tasso di innovazione che si è concentrata soprattutto in due settori: i farmaci per il diabete di tipo 2 e le tecnologie per il diabete di tipo 1”, ha
detto Edoardo Mannucci, Direttore Diabetologia AOU Careggi Firenze “Sia le nuove tecnologie che i nuovi farmaci infatti, hanno modificato l’approccio clinico al diabete, permettendo miglioramento della qualità della vita delle persone con diabete. Inoltre, i nuovi farmaci per il diabete di tipo 2 consentono di ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e la mortalità. Le nuove tecnologie e i nuovi farmaci costano mediamente di più rispetto ai precedenti. Considerando che circa il 7% della popolazione adulta in Toscana soffre di diabete, in particolare di tipo 2, che rappresenta oltre il 90% di tutti i casi), l’innovazione pone un potenziale problema di sostenibilità. A questo riguardo, occorre però tenere presente che l’adozione dell’innovazione ha un impatto positivo sul percorso di cura. Ad esempio, l’impiego di un farmaco antidiabetico che riduce il rischio di malattie cardiovascolari, diminuisce la spesa per ricoveri; l’uso di un farmaco che non genera rischi di ipoglicemia riduce il consumo di dispositivi per la misurazione del glucosio, e così via. Complessivamente, quindi, l’adozione dell’innovazione può comportare aggravi di spesa meno grandi di quanto potrebbe apparire a prima vista. Per rendere sostenibile l’innovazione, però, è necessario comprenderne bene le ricadute organizzative e adattare il sistema sanitario. Ad esempio, l’impiego dei nuovi farmaci per il diabete di tipo 2, che permettono di ottenere un controllo più duraturo e migliore della glicemia, può avvenire solo attraverso piani terapeutici, la cui abolizione potrebbe accompagnarsi ad una riduzione della necessità di inutili visite specialistiche. In conclusione, nonostante l’impatto epidemiologico della malattia, l’innovazione in Diabetologia può essere sostenibile, se il sistema riuscirà a adottare soluzioni organizzative adeguate”, ha concluso Edoardo Mannucci “Il diabete è sicuramente la patologia cronica più conosciuta e rimane una delle sfide maggiori per i sistemi sanitari di tutto il mondo sia per la sua complessità clinica che per l’organizzazione delle cure assistenziali richieste. Infatti, come per tutte le patologie croniche, occorre trovare sinergie e collaborazione non solo all’interno del mondo sanitario, ma anche all’esterno. In primis tra le persone affette dalla malattia e nella loro famiglia, così come nel contesto sociale e lavorativo. Il mondo della scienza mette a disposizione dei pazienti un sempre maggior numero di soluzioni innovative per migliorare il rapporto con la malattia, ponendo al tempo stesso, nuovi problemi soprattutto in termini di sostenibilità dell’innovazione, per cui è necessario capirne il reale valore aggiunto a livello individuale per non dissipare le risorse disponibili. Proprio per questo è necessario abbandonare la logica prestazionale dei silos professionali, per abbracciare una logica di servizi di erogazione del tipo full-inclusive ad alta integrazione e comunicazione, che vedano anche il paziente come parte attiva del processo di cura”, ha spiegato Carlo Tomassini, Direttore Generale Diritti di Cittadinanza e Coesione Sociale, Regione Toscana