L’idea di dividere l’Italia in regioni fu di Augusto. Il primo imperatore romano ripartì il territorio dell’Italia continentale in undici zone, indicate con i numeri prima ancora che con i nomi. Alcune assomigliavano alle regioni attuali, altre decisamente meno.

Per esempio sopra il Po ne esistevano solo due, la IX a ovest che andava dalla Valle d’Aosta al fiume Adda, e la X a est che arrivava dall’Adda fino all’Adriatico, con quella che oggi è la Lombardia (ma i Longobardi erano ancora lontani) divisa a metà. Anche se il termine regiones secondo i dizionari ha a che fare con il verbo regere, cioè dirigere, le regioni di Augusto non erano organismi amministrativi e non governavano in alcun modo il loro territorio. La ripartizione, secondo gli storici, aveva soprattutto un carattere pratico: serviva per i censimenti e per la riscossione delle tasse. Già all’epoca, come si sa, le questioni fiscali erano quelle dominanti. Dopo la caduta dell’Impero romano, per rivedere le regioni bisogna aspettare l’Unità d’Italia, quando si mettono all’opera due patrioti: Cesare Correnti, giurista, e Pietro Maestri, medico, entrambi milanesi, entrambi appassionati di statistica.

Furono soprattutto loro a disegnare la suddivisione delle regioni, che avrebbero voluto far diventare enti intermedi per il governo della nazione e che invece continuarono a servire solo per registrare le statistiche. Nello stato unitario esistevano il potere centrale, le province e i Comuni. Su Wikipedia si possono leggere però i tanti passaggi da una regione all’altra di singoli Comuni che vennero decisi dal 1861 in poi.

Ufficialmente le Regioni italiane nascono con la Costituzione della Repubblica del 1948 e vengono modificate nel 1963 con la creazione del Molise e del Friuli Venezia Giulia. Ma fino al 1970, quando furono per la prima volta eletti i consigli, non è esistito nessun potere regionale.

Dal 2000 in poi si sono svolti oltre trenta referendum comunali per chiedere il passaggio da una Regione all’altra. In più della metà dei casi la proposta è stata respinta dagli elettori. Fino ad oggi solo i sette Comuni della Alta Valmarecchia, passati dalle Marche all’Emilia Romagna, e il Comune di Sappada, passato dal Veneto al Friuli Venezia Giulia, hanno completato il lungo iter previsto per cambiare Regione.

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