Italiani sempre più longevi, ma anche più malati e dementi. Lo dice il XII Rapporto Meridiano Sanità, che con il Meridiano Sanità Index, curato da The European House – Ambrosetti, misura e traccia la rotta del nostro sistema sanitario. L’aspettativa di vita degli italiani è salita a 82,2 anni, ma con almeno 20 anni in cattiva salute, con un aumento di 4,2 anni dal 2006.

Ma a preoccupare è l’indice di mantenimento dello stato di salute in cui l’Italia riporta un punteggio inferiore alla media europea. Tra i fattori che mettono maggiormente a rischio la sostenibilità dell’attuale livello di salute ci sono la capacità di risposta del sistema sanitario agli emergenti bisogni di salute, alcuni casi di inappropriatezza delle prescrizioni e il livello delle risorse economiche a disposizione della sanità.

L’aumento dell’aspettativa di vita ha contribuito all’aumento della popolazione anziana che oggi è pari al 22% della popolazione totale e raggiungerà il 34% entro il 2050. L’invecchiamento della popolazione porta con sé il peso di patologie non trasmissibili e croniche, che provocano l’86% degli anni di vita perduti per disabilità e morte prematura (DALY), complessivamente pari a 16,3 milioni di anni.

All’allungamento dell’aspettativa di vita della popolazione e alla riduzione della mortalità per molte patologie hanno contribuito in modo rilevante gli sviluppi della medicina con l’arrivo di nuovi farmaci e gli investimenti nella ricerca clinica. Nonostante gli elevati tempi e costi del processo, la pipeline dell’industria farmaceutica ha raggiunto nel 2017 il record storico con oltre 14.000 prodotti in sviluppo, di cui più di 7.000 in fase clinica.
L’Italia è uno dei Paesi che ha condotto il maggior numero di studi clinici, pari al 17% di quelli condotti in Europa (3.900), di cui il 37% ha riguardato l’area oncologica. I promotori profit hanno permesso di realizzare il 76% degli studi condotti in Italia.

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