Secondo alcuni studi, fino al 14% delle biopsie fatte sulla base di una mammografia sospetta darebbe un risultato di lesioni da alto rischio (HRLs – Hig-Risk Lesions). E anche se queste sono benigne, la rimozione chirurgica viene solitamente consigliata per il “potenziale, basso ma presente, rischio” di evoluzione a carcinoma duttale in situ o a tumore invasivo.
Questo determinerebbe inutili operazioni chirurgiche per “HRL che non sono associate a malignità”. Allo scopo di sviluppare un algoritmo per l’individuazione delle pazienti candidate all’intervento , i ricercatori del l Massachusetts General Hospital di Boston, guidati da Manisha Bahl, hanno preso in considerazione sia fattori di rischio tradizionali, come età e lesioni istologiche, insieme a caratteristiche uniche, come le parole che compaiono nel report della biopsia. Per validarlo, poi, i ricercatori americani hanno prima verificato la sia efficacia su 671 biopsie che avevano evidenziato lesioni ad alto rischio in 654 donne, per testarlo, quindi, su 335 biopsie, sempre con risultati di lesioni ad alto rischio, da 332 pazienti. Tra tutte le 1.006 lesioni, 115, pari all’11,4%, sarebbero avanzate poi a tumore.
Inoltre, non ci sarebbe stata alcuna differenza nella frequenza e nei tassi di aggiornamento tra i casi per la valutazione dell’efficacia e quelli usati per il test vero e proprio del modello. Secondo i ricercatori, “invece di operare tutti i casi ad alto rischio, se le lesioni evidenziate come a basso rischio di evolvere a tumore fossero tenute sotto controllo, il 30,6% delle chirurgie di lesioni benigne potrebbe essere evitato”. “L’algoritmo, dunque, non solo potrebbe ridurre di quasi un terzo la chirurgia inutile in questa popolazione di pazienti ma potrebbe anche sostenere l’utilizzo di approcci più mirati e personalizzati per la cura delle pazienti”, aggiunge Constance Lehman, direttore del Breast Imaging all’ospedale di Boston.
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