Il numero dei parti cesarei primari in Italia scende per la prima volta sotto la soglia del 25 per cento, cioè al 24,5 per cento. Il dato è simbolico e ancora distante dal 15 per cento richiesto dall’Oms ma indica comunque una tendenza al miglioramento, visto che l’uso della chirurgia dovrebbe essere limitato solo ai casi nei quali è strettamente necessaria.

Nel 2004 nelle maternità italiane chirurgia veniva usata nel 37 per cento delle nascite, nel 2010 nel 29 per cento. I numeri sono del Pne, piano nazionale esiti curato da Agenas, l’agenzia sanitaria delle Regioni, per il ministero alla Salute. Il lavoro, ormai pubblicato da alcuni anni, per il 2016 valuta 166 indicatori, che hanno a che fare appunto con gli esiti delle cure ospedaliere ma anche con i volumi di attività, che sono utili per capire chi lavora di più e quindi presumibilmente meglio.

Se nel 2010 solo il 31 per cento dei pazienti veniva operato entro due giorni, nel 2016 la proporzione di interventi tempestivi è del 58 per cento. Lo standard internazionale è però del 60 per cento e l’anno scorso lo raggiungevano e superavano 245 ospedali ed erano sotto 195 strutture (40 delle quali sono addirittura sotto il 20 per cento).

Riguardo al cesareo, si stima che nel 2016 lo abbiano fatto a 13.500 donne in meno rispetto al 2015, ma si conferma il dato di una forte eterogeneità interregionale e intra-regionale, a sottolineare come l’intervento sui processi culturali, clinici e organizzativi debba essere portato avanti, anche se ci sono chiari segnali di contrasto all’erogazione di prestazioni inefficaci o chiaramente dannose.

http://www.repubblica.it/cronaca/2017/12/19/news/sanita_scendono_cesarei_sono_meno_di_un_quarto_del_totale_dei_parti-184583431/