Liste di attesa, un problema tanto dibattuto e una delle spade di Damocle del sistema sanitario nazionale. Ma anche: qual è il ruolo della sanità pubblica di fronte alla forte presenza del privato? Quali strumenti può mettere in campo per rispondere alla crescente domanda di prestazioni e garantire, allo stesso tempo, equità e diritto alla salute per tutti? E ancora: come si potrà raggiungere un sistema sanitario più omogeneo fra tutte le regioni? Di grandi sfide parla Luigi Gaetti, componente della 12a Commissione permanente
 (Igiene e sanità) del Senato della Repubblica e membro del Movimento Cinque Stelle, che illustra come il partito politico vincitore indiscusso delle elezioni politiche 2018 con il 32% dei voti potrà affrontare questi temi urgenti.

 

Senatore Gaetti, le liste di attesa sono uno dei problemi più sentiti dalla popolazione italiana, qual è il pensiero del Movimento Cinque Stelle rispetto a questo tema e come potrà abbattere le liste d’attesa?

Esistono due possibilità per ridurre le liste di attesa. La prima è aumentare l’offerta del personale sanitario ovvero ottimizzare al meglio il personale sanitario che c’è e dove necessita intervenire con assunzioni. Pare evidente che, a fronte di una maggiore richiesta da parte della cittadinanza, se il personale sanitario è particolarmente ridotto quindi non c’è la possibilità di lavorare di più e di aggiungere più personale, è ovvio che le liste di attesa si aggiungono. La seconda azione è lavorare sulla domanda dei cittadini per questo risulta importante lavorare sui medici di medicina generale e soprattutto in ambito dei distretti. Per esempio, sarebbe importante mettere in rete alcuni centri unici di prenotazione (Cup) che non sono ancora in linea. Bisogna dunque immettere risorse in termini di uomini e in termini di organizzazione perché altrimenti non si riuscirà a sopperire a questa che è una vera necessità.

 

E’ sempre più importante la presenza della sanità privata nel sistema sanitario nazionale: M5S come pensa di regolamentare il privato attraverso i fondi integrativi, l’assicurazione sanitaria, la mutualità sociale?

Il problema del finanziamento del sistema sanitario nazionale è un problema davvero importante, la Commissione Sanità del Senato ha dedicato a questo tema una lunghissima relazione ed emergono molte criticità. Come Movimento Cinque Stelle non riteniamo utile e decisiva la faccenda dei fondi integrativi sanitari, lo abbiamo già manifestato in diversi articoli, e poi ci sono anche lavori molto critici di fondazioni e di centri di ricerca. Si è infatti dimostrato come i fondi integrativi tendano a garantire prestazioni di basso valore oppure prestazioni particolari di cui il cittadino non ha reale necessità, generando consumismo sanitario. Si è visto, per esempio, che nell’ambito del contratto dei metalmeccanici si favorisce alle donne una mammografia tutti gli anni dopo i 45 anni, quando gli screening ne prevedono una ogni due anni e per di più non esistono lavori scientifici che dimostrano l’efficacia di fare un esame come questo una volta all’anno, quindi il rapporto costo-beneficio non è poi così chiaro. Certo che con la sanità privata bisognerà ovviamente ragionare nel giusto modo: ridefinendo, per esempio, il valore di alcuni Drg, e molti altri ambiti. Non crediamo nei fondi integrativi anche perché, e lo dimostra il bellissimo lavoro del professor Piperno che evidenzia che le spese del sistema per tenere in piedi tutto questo arrivano almeno al 26%, e noi paghiamo già un sistema e dobbiamo pagarne anche uno privato? Noi crediamo che nel lunghissimo periodo, e sottolineo lunghissimo periodo, bisognerà incentivare al meglio la sanità pubblica: per esempio, ci sono dei distretti, come Mantova, in cui è presente una risonanza magnetica pubblica e cinque private, è evidente che esiste una distorsione a favore di un privato. Ma così non potrà funzionare.

 

Come pensa M5S di aumentare il finanziamento del sistema sanitario nazionale?

Aumentando le risorse quindi generando nell’ambito del bilancio dello Stato una maggior quantità di denaro e ragionando in termini di prestazioni. Voglio mettere in evidenza ciò che ha spiegato il professor Silvio Garattini nel corso di un incontro a Milano circa un mese fa: nel medio e lungo periodo le malattie che dipendono dagli stili di vita, dall’ambiente e dal cibo che si mangia possono essere quantificate nel 50% della spesa. Molte regioni hanno fatto un piano della cronicità ma nessuna ha fatto un piano della prevenzione, quindi dobbiamo finanziare un sistema pubblico per cercare di fare molta più prevenzione, perché nel lungo periodo questo metterà nelle condizioni il sistema sanitario nazionale in un ambito di sostenibilità, mentre se continuiamo ad aumentare il numero delle prestazioni non ci riusciremo. L’altra logica importante è quella di cominciare a cambiare la remunerazione: non pagare più per prestazione ma per indici di salute. Se in un primo momento dovremo trovare più denaro nell’ambito della fiscalità generale, in un secondo dovremo lavorare sulla prevenzione, di tipo primaria e di tipo secondaria (diagnosi precoce).

 

Infine, il Movimento 5 Stelle come pensa di rendere più omogeneo il sistema sanitario nazionale nelle regioni italiane?

Questo tema è stato oggetto di numerosi incontri in cui è emerso che ci vuole ‘più Stato’ ma anche ‘più regioni’, nel senso che lo Stato deve dare delle linee di indirizzo molto ben precise con degli indici di valutazione altrettanto puntuali, le regioni, per parte loro, devono collocare nel loro ambito queste direttive, perché la diseguaglianza fra regione e regione per determinati trattamenti è veramente importante. A fronte anche di una maggiore possibilità di contrattazione a livello nazionale, firmata da alcune regioni (Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna), ci devono essere maggiori controlli e maggiori direttive. Nel medio e lungo periodo i sistemi sanitari regionali si dovranno avvicinare. Si dovrà anche lavorare sul piano socio sanitario per spostare così l’attenzione che grava sugli ospedale al “territorio”.