Intervista con Renato Balduzzi, Membro del Consiglio Superiore della Magistratura.

 

E’ possibile, a legislazione vigente, potenziare le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sui 21 sistemi sanitari regionali, nel pieno rispetto delle loro autonomie? La riorganizzazione del servizio sanitario nazionale tra centralismo e regionalismo è stato uno dei temi affrontati nella nuova edizione della Winter School 2018 organizzata da Motore Sanità.

Ospite d’onore della sessione di studio e di confronto è stato il Professor Renato Balduzzi, Membro del Consiglio Superiore della Magistratura che ai presenti ha portato la sua Lectio magistralis.

Di fronte alla chiarezza espositiva del Professor Balduzzi è emersa l’incongruenza di pensare che la modifica dell’articolo V sia focale per i rapporti istituzionale tra enti centrali ed intermedi, poiché la regionalizzazione è insita nella legge 833 e nei vari passaggi derivati, per cui il periodo della sua reale applicazione sono stati gli anni ‘90 e che la partita si gioca sull’applicazione omogenea dei Lea il cui score di valutazione regionale appare datato. E’ emerso altresì la necessità di un salto culturale tra i cittadini, gli operatori e la politica per un governo del cambiamento che sta avvenendo silenziosamente a scapito dell’universalità e dell’equità del sistema sanitario.

 

Professore, cosa significa più Stato e più Regioni nel futuro del sistema sanitario nazionale?

 

Vuol dire che dovremmo smettere di litigare se devono ridursi i poteri delle Regioni o aumentare quelli dello Stato o viceversa, ma capire che nel ‘sistema rete’ ciascuno deve fare al massimo la propria parte: lo Stato, le Regioni ma anche le aziende.

 

I livelli essenziali di assistenza (Lea) come cerniera tra Stato e Regione: come possiamo indirizzarne l’applicazione?

 

I Lea significano più di 6mila tipologie di prestazioni, quindi vuol dire che è evidentemente un sistema complesso ed è un merito dell’Italia averlo costruito, non c’è nulla di simile al mondo. Essendo un sistema complesso significa che qualche cosa esce e qualche cosa entra nel tempo, non si tolgono prestazioni ma si danno in una misura e in una modalità diversa con una grande attenzione alle regole sull’appropriatezza. Livelli essenziali di assistenza significano ‘livelli necessari e appropriati’, questo è l’essenziale, quindi credo che ci siano gli strumenti per poter praticare questo modello, che come modello è un modello che regge, ma naturalmente va applicato in maniera virtuosa.

 

Quale sarà il futuro delle aziende sanitarie in questa situazione di riorganizzazione?

 

Passati i tempi dell’aziendalismo spinto e dell’economicismo a tutti i costi, abbiamo capito che occorre dare più Stato, più Regioni ma anche più responsabilità gestionale, si tratta poi di capire chi risponde e a chi. Nel sistema aziendale la direzione generale risponde alla Regione, la Regione risponde ai cittadini. Chi risponde rispetto alla direzione generale? Tutti quanti i professionisti che operano nell’azienda, sapendo però che non c’è un uomo solo al comando ma c’è un clima aziendale, un clima di collaborazione, un clima di condivisione e di co-responsabilità, ma questo è l’ABC di qualunque discorso in termini di azienda. Non piace la parola ‘azienda’? Si può usare anche un’altra parola, l’importante è che qualcuno risponda a qualcun altro.