Il rapporto futuro tra servizio sanitario pubblico e privato e il suo impatto sulla società in continua trasformazione è stato al centro della School di Padova 2018, del 12 aprile scorso, evento organizzato da Motore Sanità che ha voluto raccogliere e discutere dubbi, proposte e analisi degli esperti del settore, dei cittadini e degli operatori della sanità e del welfare italiano sulla trasformazione in atto nel sistema sanitario. 

 

Sulle proposte di collaborazione tra partenariati pubblico-privato e best practices è intervenuto Gabriele Zanotto, direttore e responsabile di elettrofisiologia dell’ospedale Mater Salutis Legnago, «Nella nostra pratica clinica esiste una tecnologia di alto livello a servizio dei pazienti per migliorare la qualità del servizio e del lavoro medico ed infermieristico/tecnico. Da quasi 5 anni nella nostra realtà i pazienti portatori di dispositivi impiantabili, sia defibrillatori che pace-maker, vengono gestiti con l’utilizzo clinico del controllo/monitoraggio remoto: senza che ci sia la necessità che il paziente acceda all’ospedale, controlliamo il suo dispositivo per quanto riguarda i parametri elettrici e verifichiamo la presenza di eventuali problematiche cliniche come la fibrillazione atriale o diagnostiche che segnalino il rischio di scompenso cardiaco».

L’uso della tecnologia è passato attraverso una fase iniziale di investimento economico e di formazione di personale non medico dedicato a questa attività. «Così a distanza di 3-4 anni – prisegue Zanotto – ha consentito un reale e significativo risparmio: nella nostra esperienza solo investendo sulla tecnologia e sulla formazione di personale dedicato, si può concretizzare un reale risparmio economico e finanziario. E’ necessario però che questo percorso venga reso ufficiale attraverso la formalizzazione della prestazione del controllo/monitoraggio remoto dei dispositivi impiantabili e l’attribuzione di un rimborso a questa attività».

 

Quali le ragioni della crisi di oggi? E perché prevale l’orientamento verso la privatizzazione dei servizi? Ha provato a rispondere Giuseppe Cicciù, segretario regionale del Veneto Cittadinanzattiva.

«Il privato accreditato ha esercitato nel nostro paese un ruolo talvolta di supplenza o di complementarietà e va riconosciuto il valore delle organizzazioni che nel territorio hanno stabilito un servizio di prossimità». Diversa la valutazione per le assicurazioni «per le quali l’affidamento in gestione della spesa sanitaria privata ad un secondo pilastro sanitario viene rappresentato dalla “messa a sistema delle strutture sanitarie private, gli erogatori, e dei cosiddetti terzi paganti professionali con conseguente contenimento del costo unitario delle singole prestazioni”. Un risparmio stimato tra il 20% e il 30%. Per la realizzazione di un sistema legato alle assicurazioni bisognerebbe riassorbire tutte le forme di sanità integrativa in un impianto normativo omogeneo ispirato agli stessi principi del servizio sanitario nazionale. Siccome una evoluzione verso un modello multi-pilastro sembrerebbe non più rinviabile, per la crisi che attanaglia il sistema, ci si attende che i prossimi governi abbiano la capacità di valorizzare – a beneficio di tutti i cittadini? – i benefici che possono derivare da una impostazione che tenga conto di queste nuove forme di tutela».

 

Sul tema della sanità privata e della responsabilità sociale di impresa è intervenuto infine Mario Piccinini, presidente Aris (Associazione religiosa istituti socio-sanitari) Triveneto.

«L’Aris rappresenta  241 (21 nel Triveneto) strutture socio-sanitarie cattoliche, tra cui 26 istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e 17 ospedali. Sono strutture private con una caratteristica che le distingue: appartengono al mondo del no profit, cioè gli utili di bilancio vengono reinvestiti nello sviluppo della struttura e di conseguenza a beneficio della comunità.  La nostra responsabilità sociale d’impresa si concretizza dando una risposta efficace e all’altezza dei tempi ai bisogni di salute dei nostri pazienti, impiegando in modo efficiente e sostenibile le risorse che riceviamo per le prestazioni erogate. Il buon funzionamento di un ospedale ha poi ricadute positive in termini di occupazione, e di indotto sul territorio, anche sul turismo».

Le strutture Aris sono a gestione privata, ma si inseriscono a pieno titolo nel servizio sanitario nazionale «sia perché quasi la totalità delle prestazioni sono fornite in regime di accreditamento, sia perché sono sottoposte alla programmazione regionale ma anche perché svolgono un’attività pubblica, seppur a gestione privata – prosegue Piccinini -. Non molti anni fa solo la sanità pubblica  poteva assumersi l’onere di una radioterapia, o di una medicina nucleare o della stessa oncologia. Proprio per l’alto costo in termini di professionalità, tecnologie e farmaci innovativi, proibitivo per realtà no profit, come le nostre. Oggi non è più così. Anzi, le strutture cattoliche spesso intervengono con ingenti investimenti per l’acquisto di dotazioni tecnologiche a servizio della comunità, impiegando risorse proprie derivanti dalla buona gestione. Ma la collaborazione e l’integrazione con il pubblico deve essere sostenibile per il privato no profit. Per assicurare anche nel futuro efficienza, alti standard di prestazione e innovazione occorre che la legislazione vigente riguardante le nostre strutture venga tenuta in debita considerazione in sede di programmazione sanitaria nazionale e regionale. Abbiamo certamente delle responsabilità sociali – conclude Piccinini – tra cui anche quella nei confronti dei nostri collaboratori, assicurando loro stabilità e protezione economica. E’ importante quindi che anche i contratti nazionali di categoria tengano conto del privato no profit».