Professor Boccadoro: «Futuro vuol dire studiare terapie che potranno essere usate dai nostri figli, vuol dire garantire migliore efficacia del trattamento per il paziente».

 

Oggi genetica e immunologia sono alleate per combattere le malattie del sangue. L’immunoterapia è già entrata prepotentemente nella terapia delle patologie neoplastiche ematologiche sovente cambiando la storia di queste malattie, con risultati importanti, basti pensare alla riduzione del rischio di ricaduta che oggi raggiunge livelli del 70%. Si aggiungono poi i farmaci innovativi che sono caratterizzati da nuovi sottili e intelligenti meccanismi d’azione, microscopiche molecole in grado di andare diritto all’obiettivo: disintegrare il tumore.

Insomma, la ricerca va spedita e la illustra il professor Mario Boccadoro, oncoematologo della Città della Salute e della Scienza di Torino, sottolineando che il futuro della ricerca non solo mostrerà i suoi risultati nel lungo termine, ma sarà sempre più volta a garantire per il paziente la migliore efficacia del trattamento e qualità di vita.

 

Professor Boccadoro, qual è il futuro della manipolazione genetica  per il trattamento delle malattie ematologiche?

 

La genetica va a braccetto con l’immunologia: i linfociti dei pazienti vengono raccolti, vengono modificati inserendo nel genoma nuovi recettori che permettono loro di riconoscere le cellule tumorali e quindi vengono espansi e ri-iniettati. Stiamo parlando delle CAR-T cells: tecniche di biologia molecolare e tecniche cellulari insieme. Tuttavia mi sembra importante spiegare che aprire una nuova possibile strada di trattamento non vuol dire disporre di queste terapie oggi, e neanche domani. Gli studi sono lunghi, occorre definire qual è il miglior recettore che deve essere inserito nelle cellule tumorali, quante cellule devono essere infuse, perché si aumenta l’efficacia ma anche la tossicità, come deve essere condizionato il paziente. Futuro vuol dire studiare terapie che potranno essere usate dai nostri figli: mi spiace, ma lo sviluppo di una farmaco o di una tecnica nuova richiede mediamente 10 anni. E queste informazioni devono essere date sempre ai nostri pazienti.

 

Qual è il ruolo dell’immunoterapia e come questa può incidere sul miglioramento della prognosi delle malattie ematologiche?

 

L’immunoterapia è già entrata prepotentemente nella terapia delle malattie neoplastiche ematologiche sovente cambiando la storia di queste malattie: parliamo degli anticorpi monoclonali. Sono utilizzati da anni nei linfomi e sono appena entrati nella terapia dei mielomi, già dimostrando un potenziale terapeutico veramente importante. Nei mielomi che sono ricaduti dopo una o più precedenti terapie, una combinazione di nuovi farmaci (come la lenalidomide) e un anticorpo monoclonale anti CD38 sono riusciti a ridurre il rischio di ricaduta del 70%. Abbiamo ancora anticorpi che facilitano il riconoscimento delle cellule tumorali da parte delle cellule tumorali e nello stesso tempo ne rafforzano la capacità di attacco delle cellule tumorali. Parliamo dell’Elontuzumab che riconosce un antigene chiamato SLAM7.  In questo caso il quadro clinico è differente, non si ha una netta riduzione della massa tumorale, ma si ha un prolungato controllo sulla sua crescita.  Differenti anticorpi differenti meccanismi di azione.

 

Quali sono i farmaci innovativi che stanno per entrare nel mercato aumentando le possibilità di cura delle malattie del sangue?

 

Sono certamente molti i nuovi farmaci, ma è formidabile vedere come siano differenti l’uno dall’altro soprattutto per meccanismo d’azione. Non siamo veramente più a livello del veleno per topi (la vecchia chemioterapia). La nuova chemioterapia è astuta, raffinata, colpisce il tumore laddove proprio non se lo aspetta. Faccio l’esempio degli inibitori del proteasoma, tradotto in linguaggio chiaro degli inibitori del funzionamento del cestino tritarifiuti. Le cellule tumorali, più delle cellule normali, producono una grande quantità di proteine sbagliate (tradotto dall’inglese, ‘piegate male’). Bisogna eliminarle, ma se nel tritarifiuti c’è una zeppa che blocca le lame, le proteine sbagliate si accumulano e vanno ad intossicare le cellule tumorali che così muoiono. Esistono vie metaboliche importanti per le cellule tumorali che possono essere bloccate da nuove piccole molecole, come l’Ibrutinib. Anche qui un meccanismo nuovo, specifico che blocca le cellule della leucemia linfatica cronica. Nell’ultimo elenco di farmaci innovativi pubblicato dall’Agenzia del Farmaco italiana si vede come riguardino l’ematologia neoplastica, e tutti sono caratterizzati da nuovi sottili ed intelligenti meccanismi d’azione. Siamo lontano dal martello, che più grosso era e più colpiva forte la cellula tumorale, certo non senza conseguenze per il paziente.