
Intervista con Leonardo Punzi, professore ordinario di reumatologia e direttore dell’Unità operativa complessa di reumatologia all’ospedale di Padova.
Secondo gli studi epidemiologici più recenti, le malattie reumatiche e muscolo-scheletriche costituiscono la prima causa di disabilità dopo le malattie cardiovascolari, e di invalidità, infatti nel Veneto le malattie reumatiche contribuiscono a provocarla per il 17%.
Negli ultimi anni la qualità di vita della popolazione affetta da queste patologie ha visto migliorare nettamente la propria qualità di vita sia grazie alle nuove cure offerte ma anche grazie a una migliore presa in carico e gestione dei pazienti da parte degli specialisti coinvolti. All’interno di questo scenario anche il farmacista ospedaliero ha avuto un ruolo chiave essendo stato coinvolto da subito in un ambito, quello dei farmaci biologici di seconda generazione, che rappresenta una importante voce di spesa.
Oggi l’arrivo progressivo di farmaci biosimilari potrebbe rendere maggiormente sostenibili le cure, un’opportunità da cogliere senza rinunciare però a garantire le cure più innovative ai pazienti appropriati. Efficienza organizzativa e utilizzo efficace delle risorse rimangono una chiave di successo in ambito reumatologico ed è fondamentale una sinergia di intenti tra lo specialista e il farmacista ospedaliero.
In Veneto è appena stata approvata la Riforma sanitaria regionale, prima fra tutti l’istituzione dell’Azienda Zero e la riorganizzazione delle aziende, definita dallo stesso governatore come “una necessità imprescindibile, per rispondere con un’organizzazione ancora più moderna alle sfide poste dalla contrazione dei finanziamenti nazionali”.
Professor Punzi, quanti sono i pazienti in Regione Veneto affetti da malattie reumatiche?
Esistono vari tipi di malattie reumatiche, schematicamente suddividibili in infiammatorie e non-infiammatorie. Mettendole tutte assieme, credo si possa dire che in Italia ne siano affette 6 milioni di persone, all’incirca il 10% della popolazione, e nel Veneto quindi 500 mila soggetti.
In generale, quando avviene la diagnosi?
Ovviamente dipende dal tipo di malattia ma, come per tutta la medicina, la diagnosi precoce è elemento di approccio fondamentale. Per una diagnosi precoce o almeno tempestiva, occorrono possibilità di accesso rapido ai medici specialisti, ma anche competenze adeguate del medico di medicina generale per riconoscere le prime manifestazioni.
Quanti sono i pazienti che vengono trattati presso l’unità che dirige?
Ricoveriamo circa 400 pazienti l’anno e visitiamo circa 20 mila persone; vi sono poi altre prestazioni che facciamo sia per gli interni dell’ospedale, quali consulenze, analisi del liquido articolare, ecografie, ricerca di autoanticorpi circolanti nel sangue di pazienti con malattie autoimmuni. Dal punto di vista terapeutico, la Reumatologia dell’Azienda Ospedale-Università di Padova è uno dei centri italiani in cui vengono curati più pazienti con farmaci biologici, sia per l’artrite reumatoide che per le spondiloartriti e, ultimi arrivati, per il lupus eritematoso sistemico; all’incirca 2 mila pazienti. Va poi sottolineato un altro aspetto, che potrebbe sembrare disgiunto: la Reumatologia di Padova, per qualità di ricerca è la prima in Italia, secondo i dati Anvur di valutazione della ricerca universitaria. Le ricadute non sono solo accademiche, ma anche assistenziali, visto che i pazienti con malattie rare si rivolgono a quei centri che sono altamente specializzati, per forza di cose coinvolti in progetti di ricerca, per reperire fondi altrimenti difficilmente ottenibili dalle strutture pubbliche, impegnate per le malattie a più alto impatto epidemiologico e, diciamolo pure, emotivo.
Cosa funziona e cosa può migliorare all’interno della rete di cura veneta?
Il sistema organizzativo Veneto è uno dei più avanzati in Italia, anche in ambito reumatologico. In effetti, la Rete Reumatologica Veneta è la prima ad essere stata costituita in Italia con carattere operativo. Nel senso che qualche tentativo è stato fatto anche in altre regioni, ma sempre abortito. La Rete Reumatologica Veneta segue il modello Hube and Spoke, peraltro facilitato logisticamente dalla presenza di due (soli) centri regionali universitari, quindi con caratteristiche naturali di riferimento. Molte cose vanno migliorate, ma è importante che vi sia una base operativa ben delineata che va poi riempita di significati e anche, nutrita di contenuti possibilmente flessibili, sulla base di necessità situazionali.
Come si possono massimizzare gli esiti delle cure in un sistema che ha risorse limitate?
In questo contesto, la rete e il tavolo previsto per la sua operatività, devono coinvolgere tutti gli attori per uno scambio di informazioni e di relazioni che consenta un confronto in diversi campi e con differenti esperienze. Conviene ricordare che prima dell’avvento dei farmaci biologici, la gravità e la numerosità delle artriti erano sottostimate e sottovalutate. Non è quindi sorprendente che tra i cinque farmaci più venduti al mondo, tre sono biologici per l’artrite. Evidentemente queste malattie sono frequenti e i farmaci costosi ma efficaci. O viceversa, efficaci ma costosi. Comunque, l’attenzione verso questi farmaci ha permesso di effettuare studi che hanno analizzato con grande precisione il rapporto costo-beneficio e anche le possibilità di razionalizzazione della spesa, quando possibile, che è l’elemento più etico disponibile per consentire una maggior accessibilità, ma anche l’introduzione di farmaci innovativi per i non rispondenti alle terapia biologiche “tradizionali”.
Come è possibile pianificare l’attività delle unità operative rispettando gli obiettivi di cura e di spesa?
La rete è la modalità organizzativa più efficace per pianificare sul territorio questo tipo di progetto operativo, conciliando le varie istanze con grande flessibilità.
Infine, quali sono i nuovi approcci terapeutici innovativi e qual è la situazione negli altri paesi europei?
Negli altri Paesi occidentali l’accesso ai biologici è nettamente più alto, per tutta una serie di motivi non facili da spiegare e non sempre riferibili alla capacità di spesa. In questo contesto, vista la presenza in Veneto non solo di una rete, ma anche di un registro obbligatorio per i farmaci biologici, sarebbe molto utile ottenere informazioni più dettagliate attraverso studi approfonditi. Ci auguriamo che una parte dei risparmi di spesa vengano reinvestiti dalla Regione in questa direzione.